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incesto

Mi distesi sul pavimento con i jeans a metà


di sexitraumer
25.11.2008    |    131.184    |    4 8.6
"Preferì seguire gli amici a ragioneria … Il mio turbamento montò sottoforma di brividino e contrazione allo stomaco che attraversò il mio corpo; solo in quel..."
Salve amici ! Mi chiamo Daria e sono una donna bionda con poche forme con un fratello minore rispetto a me. Sono di una città pugliese di nascita e vi risiedo al momento in cui scrivo queste note. Oggi lavoro un po’ dove trovo grazie alla mia laurea in tecniche bancarie. Mi ritengo una discreta donna di 32 anni quanto a bellezza. Cent’anni fa avrei potuto dire di essere figlia di questa cittadina barocca ed un po’ aristocratica, e non sarei stata neppure obbligata a cercarlo un lavoro, ed invece oggi sono una normale donna borghese nata in una famiglia agiata. Un lavoro è il minimo per una vita normale. Sono anche una donna sposata. Oggi il mio è un matrimonio felice; io almeno non ho niente da lamentarmi. Mio marito Davide mi ama; io lo ricambio come posso senza negargli mai una scopata quando la chiede. Il mal di testa l’avrò invocato tre volte in un anno e lui sempre pieno di comprensione … Al momento non abbiamo figli. Mio marito Davide non sospetta niente ma con Carlo, mio fratello, io finora l’ho tradito sessualmente diverse volte, più per un insano ritualismo interno tra me e mio fratello, che per convinzione. Sento il bisogno di trasgredire veramente ma senza rivolgermi fuori; solo ogni tanto comunque! Con mio fratello non ci fu, ne mai ci sarà una vera storia. Come amanti non saremmo durati molto: i nostri caratteri sono del tutto incompatibili. Lui, Carlo è un falso disinvolto, lingua lunga, io invece tendo alla riservatezza. Personalmente mi assumo il rischio che ne abbia parlato con gli amici suoi, che da parte loro, non gli crederebbero comunque. Mi conoscono come la responsabile di casa e mi rispettano. Mai una battuta su di me. Lui invece lo sanno che è uno sbruffone e vi dico io un falso biondino, spalle dritte, ma poco palestrato, che invece di farsi una ragazza duratura se la fa con qualche puttanella, neanche tanto carina, che però gliela dà senza farlo pagare. Ci resta assieme una mesata poi alla prima lite rompe. Proprio uno stronzo direbbero alcune … e di ragazze passabili non belle qui da noi o al mare ne trovano sempre meno. A modo suo è già famoso … o famigerato. Saranno sei mesi che si è arenato; decisamente in secca. Certo mio fratello un po’ mi ha sorpreso: da bambini abbiamo fatto il gioco della bottiglia. Ci siamo mostrati i rispettivi sessi, ma fare sesso penetrativo fra di noi, mai. Lo lasciavo anche dormire con me un paio di volte al mese, finché nostra madre non me lo proibì una volta per tutte; Lui, Carlo, si avvicinava alla pubertà ed a me le poppe erano già cresciute insieme a certi peli ! … come facevo a criticare nostra madre che me ne aveva imposta la separazione ? I nostri genitori ci avevano educato abbastanza ferreamente, anche se col tempo allentarono la presa; soprattutto quando crescendo io risoluta, o almeno abbastanza di polso, nostra madre non ci sorvegliò più. Non ci saremmo mai sognati di fare quel che abbiamo poi compiuto. Mio fratello cresceva bellino, ma rubacuori proprio no. La sua faccetta adolescente una qualche presa doveva pur farla. Aveva sempre avuto uno sguardo da ingenuo dietro al quale maturava lentamente un appassionato di amore anale. La sua vera passione non era il colon retto, ma piuttosto l’ano ancora roseo di noi femmine adulte, o comunque più grandi di lui. Che provava a spiarmi dal classico buco della serratura del bagno me ne ero accorta, e non mi disturbava. All’età delle sue prime seghe (il suo letto lo rifacevo io) aveva preso a spiarmi dal buco della toppa tutte le volte in cui eravamo soli. Lo lasciavo fare, e sceglievo di volta in volta se lasciargli intravedere un po’ della peluria pubica a mutande mezze calate o le natiche, ma le gambe non le allargavo mai troppo, ed in fondo oltre alla toppa c’era sempre un paio di metri. Forse se mi spiava al bidet al massimo al vedeva di tre quarti come direbbe un mio amico fotografo. Vulva intera e ben in vista mai, finché una volta non perdetti una scommessa; che io ricordi l’unica della mia vita, e pagai: Gli consentii di vedere la mia passera ad un metro davanti a lui. Lui chiese di potersi masturbare davanti a me che gliela sventolavo; non poteva toccarla, poteva però spipparsi. Io ero tenuta ad aspettare. Decidemmo di andare in terrazza della nostra casa del paese (dove all’epoca vivevamo) mentre i nostri genitori dormivano di pomeriggio. Alzai la gonna ad un metro da mio fratello Carlo e dopo un secondo con un gesto risoluto della mano sinistra mi feci cadere le mutandine reggendo la gonna rimboccata con la destra: i miei peli pubici biondini li poté vedere in luce naturale mentre ci riparavamo entrambi per via di un alto muro di cinta. Indietreggiavo non appena avanzava di un cm … a mio fratello non era consentito avvicinarsi oltre; se no avrei urlato; lui si spippava senza successo; il suo imbarazzo era evidente e non gli si ingrossava nonostante il bel panorama. Nessuno era in grado di vederci in quel momento così intimo in cui veniva messo alla prova. Era divertente vedere come si dava da fare. Colta da pietà per lui gli feci segno di non muoversi con la mano, mi avvicinai io, e facendogli tenere la gonna rimboccata in alto (se voleva vedermela) glielo presi in mano e lo masturbai personalmente. Il contatto con la mia manina gentile gli piacque e sborrò in una ventina dei miei amorevoli, leggeri, colpetti; gli diventò duro quando trovai necessario scappellarglielo; riuscii a farlo con risoluta dolcezza; la bellezza del mio sesso biondo, con qualche sfumatura nera naturale, fece il resto. Mi ritrovai la sua sborra sul palmo della mano, e me la pulii istintivamente sui suoi pantaloni, che non si era nemmeno calati. Io da parte mia qualche sega ai miei fidanzatini della scuola media l’avevo già fatta, e sapevo carezzare le palle. Carlo invece, pigro o distratto, il suo bel cazzetto lo aveva solo tirato fuori dalla patta. Si era perso le stupende carezze che sapevo fare. Fu contento lo stesso. Per ringraziarmi mi voltò e baciò il mio culetto tutto bianco col segno del costume; lo fece con uno scatto rapido senza cercare minimamente la congiunzione col pisello; mise un po’ di lingua verso l’ano esitando qualche istante; gradii quel dolce ed umido solletico, ma mio fratello aveva già ottenuto abbastanza, e voltatami a mia volta, lo respinsi con uno spintone. Mi dispiacque, ma esitando avrebbe proseguito troppo oltre … comunque scommessa pagata. Stop. Tornammo “innocenti” dabbasso. Tanto i nostri vecchi dormivano beati ed anche noi fingemmo di aver riposato. Non gliela feci più vedere da così vicino, né per molti anni glielo presi più in mano. II nostro intreccio erotico, genitale, materialista iniziò dopo alcuni anni da quest’episodio della scommessa, quando eravamo due ex adolescenti proiettati verso l’età adulta. A causa di una nostra lite. Un giorno di molti anni fa,- eravamo due ragazzi grandi,- mio fratello mancò per tutto il giorno per una gita scolastica a Roma di due giorni. Mio padre in ufficio fino a sera; io ero appena tornata da scuola, ed essendo assente mia madre che quel pomeriggio doveva andare dal dottore mi ritrovai da sola in casa. Ero annoiata. Mi feci da mangiare qualcosa di rapido; mi aprii una birra visto che i genitori non c’erano poi dovendo andare al bagno a fare pipì feci una scoperta. Lo sguardo, rilassata per aver vuotato la vescica, mi andò alla lavatrice di fronte al water. Qualcosa faceva capolino da sotto di essa sul davanti. Mi dissi che doveva essere uno dei giornali porno con cui usava stra-segarsi mio fratello fino a qualche giorno prima. Era da un bel po’ che sapevo cosa leggeva al bagno e a letto … La pornografia da ragazza non mi aveva mai interessato; la consideravo una malattia mentale-sociale dei maschietti dalle pallette infelici. Pensai: ma in fondo che male c’è se lo guardo un po’ ? Quasi quasi … Tanto la mamma torna alle quattro, se non dopo. Prima mi pulii la vulva dalle gocce di pipì, poi tirai fuori il porno, neanche a dirlo VM18, dal sottolavatrice restando seduta nel water. Cominciai a sfogliarlo senza molto interesse; qualche bell’uomo con un signor bel cazzo c’era; belle fiche a profusione; tutte noiosamente penetrate e sborrate all’esterno. Non mancavano neanche i culi, penetrati impietosamente anche quelli ! Guardai quelle immagini più volte e niente. Non ero eccitata per le immagini. Per noi donne contano molto meno. Per noi è più importante un’illusione di sentimento; un bel lungo colpo di lingua sul nostro corpo; dei baci continui con opportune e non volgari parole almeno un po’ romantiche, e quant’altro … dopo di che qualunque donna è disposta lei stessa a farsi aprire, sempre con romantica calma, in qualunque buco ! Bisogna saperci prendere a noi donne, col cervello soprattutto; le vostre manacce di maschiacci (-e non sempre ben pulite! - ) vengono dopo. Molto dopo … imparate ad amare e l’industria porno sarà la prima a chiudere...Vedendo quelle immagini statiche e monotone la vulva mi rimase asciutta. La mia eccitazione sorprendentemente mi prese quando rimasi turbata da alcuni fogli di carta che trovai tra le pagine finali di quella rivista. Questi fogli da disegno, inseriti bene come a formare delle pagine supplementari non si sarebbero mai notati se non andando a sfogliare la pagina. Erano bianchi. C’erano dei disegni. Quattro, uno per facciata, eseguiti a matita morbida. Purtroppo toccandoli lasciai la mia impronta digitale sul foglio. Mio fratello Carlo in disegno era sempre stato bravissimo. Per qualche ragione non ha voluto fare l’istituto tecnico artistico. Preferì seguire gli amici a ragioneria … Il mio turbamento montò sottoforma di brividino e contrazione allo stomaco che attraversò il mio corpo; solo in quel momento mi resi conto di essere ancora senza mutandine: in quei disegni, in realtà, c’ero io; sì nientemeno che io ! Ero nuda. La vagina, il clitoride, ed i peli del mio pube riprodotti alla perfezione; chissà come aveva fatto; segno quello che mio fratello, quando ero in bagno, mi spiava quando voleva. Conosceva il mio corpo nei minimi dettagli somatici. Non sono un gran bel pezzo di gnocca; affatto; abbastanza magra, e di tette non supero la IIIa, ma disegnò bene anche quelle. Quei disegni sembravano vivi. Non erano che tratti di matita. Sono bionda con i boccoli e solo quando sorrido sono dolce e materna. I miei occhi azzurri fanno il resto. Di statura non supero 1 metro e 65 con un pochino di tacchi. Ma ho dei bei fianchi ed un bel culo ! Questo sì ! Occhi azzurri o no, sulla quella carta ero in bianco e nero, e sembravo viva. In bikini pure mi avrà visto centinaia di volte, e qualche volta in maglietta bianca aderente dentro casa. Che abilità: gli sono sempre bastati pochi secondi per inquadrarmi ! Il problema era che la donna disegnata su quei fogli stava scopando. Manco a dirlo venivo messa a scopare da mio fratello, … con mio fratello; altro che la sega da adolescenti ! Mio fratello aveva fantasie più toste. Nel primo disegno gli offrivo la mia fighetta colante di piacere alla sua testa per il lecchino. Allargavo le cosce sul letto e la sua testa mi affondava davanti. Nel secondo disegno vengo scopata nel culo alla pecorina contro il tavolo del soggiorno; a margine disegnato il mio ano come particolare; come se fosse riuscito a contare le striature del mio sfintere. Mi chiedevo, ingenua, come avesse fatto. Nel terzo disegno faccio un pompino appassionato alla sua cappella. Nel quarto bagno il mio monte di Venere con il suo pisello sputa sborra in abbondanza. Disegni con i tratti somatici azzeccatissimi ! Praticamente fotografie. Fu questo a sorprendermi. Mi sorpresi a toccarmi la vagina mentre studiavo il disegno 2. Studiavo l’immagine in cui mio fratello mi reggeva i fianchi per scoparmi il posteriore; mi sembrava una sodomia. Era l’ano che desiderava sul foglio. Più la guardavo più mi eccitavo all’idea. Mi montò la voglia di un robusto massaggio alla vulva. Non lo avevo mai fatto spesso da quando scoprii a 13 anni l’autoerotismo da sola: ne parlai solo un po’ alla mamma, e lei mi disse che fatto con molta moderazione era normale e talvolta necessario, comunque piacevole; però dovevo farlo poco; non dovevo introdurci nulla … dovevo avere pazienza: il momento sarebbe venuto senz’altro. Ora ecco ben venti minuti di massaggio alla paperina che stavolta si bagnò e sbrodolai un pochino cercando la soddisfazione finale. L’amore lo avevo già fatto con un bel ragazzo dopo la terza media, durante le vacanze estive, tempo prima; non ero una verginella novizia. Un paro mio, il cui nome non dirò per proteggerlo, mi diede tanta dolcezza ed il suo pisellone mi entrò con tali sapienti colpi, che mi portarono all’orgasmo vero. Fui talmente contenta di aver perso la mia verginità che meditai persino di farmi mettere incinta. Poi desistetti. Ero sicura che avrei dovuto fare la ragazza madre, dato che lui si era rivelato un immaturo mani bucate. Gran chiavatore, ma poco responsabile. Ci lasciammo da amici tre anni dopo. Lui cambiò città con i suoi genitori verso il nord, io rimasi a decisa a finire il liceo e ad andare all’università. Beh, i disegni di mio fratello mi avevano mandato all’improvviso come dite voi maschi “la fica in tiro”. Non me li aspettavo, tutto qui ! Un demone però, come un virus, mi era entrato dentro provenendo da quei tratti decisi di matita. Bastarono pochi secondi. Volevo qualcosa che mi penetrasse. Andai in cucina, e presi uno di quei micro cazzetti di plastica che sono i dispensatori di sale e pepe. Ne presi uno, lo vuotai, lo lavai bene con l’acqua, e poi mi penetrai più volte. Sentivo la voglia montarmi; volevo eiaculare; aprii il frigo, ma mia madre purtroppo cetrioli non ne aveva comprati. Pensai a tutte le volte che li avevo ignorati. Ritornai in bagno; presi le mutandine che erano ancora a terra, raccolsi il porno di mio fratello e andai in camera mia girando per casa seminuda. Mi distesi sul letto avevo ancora la camicetta addosso. Sarei piaciuta un mondo a qualunque uomo in quel momento. Mi liberai della gonna gettandola sulla sedia del tavolino, e saltai sul letto in ginocchio a finire il lavoretto alla mia agitatissima fica, che si era subito attivata alla vista di quelle diaboliche scenette. Guardando nuovamente quei disegni mi menai l’oggettino in passera, e finalmente dopo una ventina di colpi, ed una contrazione addominale, rilasciando i muscoli me ne venni. Avevo macchiato i fogli con la mia sborretta femminile. Mi finii di smanettare la vulva ancora calda perché ne uscisse anche l’ultima goccia, poi andai in bagno a lavarmi la passera con un bidet di acqua fresca; volevo calmarla. Poi, dopo alcuni minuti di disagio e di rimozioni psicologiche dell’accaduto raccolsi i porno, e le mutandine e me ne andai a dormire; di quello che accadde dopo non ricordo più niente. Nessuno mi disse niente tornata a casa mia madre. Evidentemente avevo sistemato sotto il mio letto il porno per discrezione verso mio fratello, e reindossato la gonna. Dormii dimenticando che dovevo studiare. Svegliatami alle sei di sera, rivestita, mi misi a fare i compiti. Quella notte non fu una notte come tante; mi feci un altro ditalino prima di addormentarmi col micro cazzetto di plastica ripensando a quei disegnini. Nessuno vide che era sparito. Dovettero pensare che era andato perduto con l’immondizia. Mi addormentai rilassata con un pensiero che mi diede una certa quiete: era ora di cambiare; sapevo come funzionava la mia vulva; era ora di comprarselo un vero dildo nodoso e duro, della lunghezza giusta. Ma sì, l’indomani sarei andata da una mia amica (sia troia che tosta) col ragazzo audace e le avrei chiesto un favore: il suo uomo sarebbe andato su mia espressa richiesta in un sex shop a comprare per me, che ancora non potevo per la mia età, un nodoso vibratore di lattice. Io mi sarei limitata a pagarglielo con i miei risparmi dicendo di che dimensioni lo volevo. Quei disegni mi avevano fatto scoprire il piacere della masturbazione solitaria. Come avrà fatto, mi chiedevo, quel segaiolo di mio fratello a riprodurmi così bene il sesso e l’ano? Certo non è un anatomo patologo. Quando Carlo tornò dalla gita non trovò il porno dove lo aveva lasciato. Poverino. Forse era convinto che i nostri genitori glielo avessero scoperto. Era pallido, non per il porno che pure non avrebbe potuto leggere a rigor di termini, ma per quei disegni … non riusciva a capacitarsi che i nostri genitori lo trattavano come se niente fosse. E certo ! Mica lo sapevano ! Provai a mettere alla prova la sua intelligenza di maschietto imbecille !... Gli sistemai il porno sotto il cuscino. Lo trovò andando a dormire … ma quanto ad intelligenza !... Sì … buona notte ! Ancora sembrava non capire … Lo vidi sempre più preoccupato. Poi un pomeriggio che era uscito con gli amici per spezzare un po’ la tensione gli mandai un sms con scritto che i suoi disegni li avevo io, li custodivo bene, e che i nostri vecchi non ne sapevano nulla. Mi arrivò la sua risposta: un sms vuoto. Beh in fondo era meglio non commentare. Quando tornò a casa eravamo di nuovo soli in cucina. Io stavo lavando dei bicchieri Lui, andò verso il frigorifero ad aprirsi un succo di frutta per non incrociare il mio sguardo, poi prese coraggio e mi disse imbarazzato con la voce veloce per non apparire emotivamente strozzato:
“… me li restituisci?”
“Cosa?”-mi misi a fare l’indiana. Lo ignoravo pensavo alle stoviglie.
“I disegni ! … Cosa!”
“Sì li ho visti ! Sei proprio bravo! Complimenti ! Davvero !”
“… ma mamma e papà che dicono ?...”
“Che devono dire ? Mica lo sanno !”
“Come …?”
“Ti hanno detto niente ?”
“No.”
“Infatti io non gli ho detto niente …”
“Perché?”
Ignorai la domanda continuando a sciacquare le stoviglie. Poi chiusi l’acqua, mi asciugai le mani e gli dissi:
“Senti, ma ti sei innamorato di me ? Da quella pippa che ti feci è passato un oceano … sai ?!”
“… e …”
“Allora ?”
“Beh … ti scoperei se potessi … di questo sono certo !”
“Ah ! … ma allora perché non ci provi ?! … Dai toccami su … io sono qualcosa di più di un disegno ! Sentila la mia carne dai ! Di che hai paura ?!...non lo dirò in casa, non dissi mai nemmeno della sega !”- Lo provocai a bella posta. Avevo alzato la posta sbottonando un paio di asole alla camicetta. Cerco di toccarmi il seno destro. E gli assestai un ceffone rapido e deciso, di palmo. Non si mosse. Era normale dopotutto. Arrossì. Capì la mia reazione. Poi gli dissi di venire con me nella mia stanza. Dovevo ancora interrogarlo; molte cose avrebbe dovuto dirmi. Gli dissi di sedersi e gli diedi un foglio di quaderno che tenevo nel cassetto. Gli chiesi decisa:
“Avanti ! Fammi vedere come disegni la mia fica … era troppo precisa quella che si vedeva persino nella mia pecorina … tua sorella in quella posizione ! Vergogna !...allora dimmi come hai fatto !”
“… come ho fatto ? Con le mani !”
Minacciai un altro ceffone e lui aggiustò la risposta.
“Te l’ho guardata dal bagno molte volte da quando hai le forme e i peli …”
“Disegna … Su dai !”- Ero brusca, lo maltrattavo e ci godevo un mondo, un po’ doveva soffrire. Io invece lo comprendevo e lo avevo già perdonato. Non glielo detto ancora oggi, ma col massaggio della vista, la prima vista, dei suoi disegni non avevo mai goduto tanto in masturbazione. Guardai la sua mano disegnare in tre minuti la mia fica e la forma del mio clitoride. Ripresi a interrogarlo.
“… Come fai a sapere che è fatto così ? Il mio clitoride è proprio così non te l’ho mai mostrato … come fai a sapere come sono quelle labbra ? Come fai ?”
“… non me lo chiedere Daria !”
Gli assestai un altro ceffone.
“Vaffanculo Daria !...basta!”
“Fanculo tu stronzo !”- Lo percossi sulla sedia reggendolo saldo per la spalla.
“… basta! Te lo dico ! Ti ho narcotizzata col sonnifero di papà, e ti ho fotografato la passera mentre dormivi …”
“Col sonnifero ? E come l’ho preso ? Io non me ne ricordo …”
“Ne avevo prese io di nascosto 2 pillole …”
“Due ?...il dosaggio è stato di due ?”
“Sì,… papà non ci fa troppo caso se ne manca una la settimana. Per cui due settimane prima ho cominciato col procurarmene una. L’ho messa nella stagnola e sette giorni dopo ho preso l’altra … poi le ho polverizzate, e te le ho messe nella minestra che cucini tu di solito una sera di un … che erano ?... sei mesi fa nemmeno … - … insomma una sera che i nostri genitori non c’erano. Ti accompagnai io stesso a stenderti. Non sospettavi nulla. E dieci minuti dopo, sperando che non tornassero loro all’improvviso, ho cominciato a toccarti e siccome non ti svegliavi ti ho spogliata un po’ per volta, guardata, straguardata, cambiata di posizione, e fotografata … avrei voluto pure assaggiartela ma poi ho desistito …”
“… perché?”
“Avevo paura che ti svegliassi all’improvviso, non potevo rischiare. Mi limitai a farti le foto; avevo paura anche che il flash ti svegliasse per cui l’ho disinserito. Mi ero fatto dire i giusti tempi di scatto da un mio amico che fa le fotografie con degli sms … non volevo che venissero mosse. Mica potevo narcotizzarti un’altra volta se venivano male … ”
“Ah ! Ho capito chi è ! ... quello che fa le foto continuamente al mare … quel cretino ha visto queste foto ? ”
“No. Non gli dissi mai a chi le stavo facendo … solo dove … e gli dissi senza flash ! E lui mi ha mandato un casino di coppie tempo-diaframma …”
Non dissi nulla. Mi limitavo a fare la faccia truce. Ero arrabbiata ed al tempo stesso intimamente ammirata dalla sua metodicità. Un vero maniaco!
“E il rullino ?”
“Non c’è … mi sono fatta prestare la digitale da Franco … ne ha una bellissima da 7 megapixel, tutta di color metallo biondo … ce l’aveva anche l’altro... la sua però non me la volle dare … ”
Ignorai sia la descrizione della fotocamera, che quello stupidotto con le fotocamere di cui parlava lui, che del resto conoscevo appena. Continuai ad interrogarlo. La padrona della conversazione ero io.
“E i file ?!”
“Li ho scaricati sul computer. Poi ho formattato la flashcard e ho restituito la fotocamera a Fr …”
“Sul tuo computer ?”
“Sì !”
“Andiamo, mostramele avanti !”
Andammo nella sua stanza e gli feci accendere il suo portatile; ossia quello che gli aveva regalato usato nostro padre. Mi mostrò i file. Ben 28 foto di me nuda con alcuni particolari della mia fica fotografata molto da vicino. Cosce, seni, culo con i miei occhi ben chiusi. Mutandine e pigiama calato sopra e sotto. La foto che mi offese di più era quella in cui si vedeva la sua mano sinistra che mi scostava una natica per riprendere il mio roseo sfintere. Lui ormai era rassegnato alla mia reazione. Teneva la testa bassa. Feci finta di calmarmi e gli chiesi:
“Quei file può vederli chiunque ?”
“No. Sono criptati. … Vuoi la password ?”
Ignorai quest’offerta. Giocava all’esperto tecnologico … Dovevo fingermi arrabbiata. In realtà mi faceva piacere essere guardata nuda, escludendo lo sfintere, ma non potevo lasciarglielo sospettare.
“Li hai messi sul web ?”
“No.”
“Giuramelo !”
“Lo giuro ! Veramente !”
Continuai a riempirlo di ceffoni almeno un altro po’. Quindici forse. Ero sua sorella maggiore e lui mi aveva narcotizzata per carpire il mio sesso e le mie intimità nei particolari. Non avrebbe dovuto mettermi in pericolo col sonnifero. Delle foto non me ne importava; la narcosi però era inaccettabile. Lo feci rialzare dalla sedia ed uscimmo dalla sua stanza. Mi misi a prenderlo a calci di santa ragione fino in cucina. Perse l’equilibrio per le mie percosse. Lo aiutai a rialzarsi e gli diedi un pugno risolutivo, ultimo, finale, sullo stomaco. Volevo farmi vedere incazzata nera. Poi lo lasciai solo. E prima di andarmene gli dissi:
“I disegni per ora li tengo io. Tu se vuoi fatti le seghe sulle foto !...Anzi se censuri le foto cancellando il mio volto le puoi pure mettere su internet dicendo che sono la tua ragazza. Ma non azzardarti più a narcotizzarmi. O ti rovino! Giuro ! Ti mando all’ospedale, giuro, e quando ti dimettono ti butto fuori di casa! Guarda che in casa mi ascoltano ! ”- E lo lasciai appoggiato dolorante al tavolo della cucina sbattendo la porta. Frignava, ma non diedi peso al suo pianto.
Mezz’ora dopo mi ero calmata e gli dissi di vestirsi. Saremmo usciti assieme. Lui eseguiva passivamente in silenzio. Non salutava nessuno che incontrasse. Era in uno stato di trance. Due ore di passeggiata per vetrine, per lo più silenziosa al centro storico, e dopo sotto un albero della vicina grande piazza seduti su una panchina di sera, lo abbracciai e lo baciai dappertutto. Gli misi la testa sul mio seno, e ce la tenni quanto voleva lui tenendo con leggerezza la mano sui suoi capelli. Era ancora sudato per la tensione di prima. Poi dopo una ventina di minuti facemmo per tornare a casa. Gli dissi:
“Ti restituirò quei disegni presto. Contento ? … le foto però … censura il mio volto !”
“Eh …?”
“Cancella il mio viso e spera che non te le veda papà se no sono veramente casini …”
“Ma allora … non sei più arrabbiata ?”
“No, tonto, no … Anzi potrai vedermi ancora nuda a … debita distanza …”
“Sì …?”
“Ad un patto ! ”
“Quale?”
“Devi farmi un ritratto ! Mentre me lo fai, finché non è finito, non potrai mai toccarmi …”
“Tutto lì?”
“… no devi ritrarmi nuda ! “
“Nuda ?”
“Sì, ma senza fotografarmi ! Devi farmi il ritratto dal vivo e senza, ripeto, toccarmi.”
“Dal vivo ?”
“Sì come i ritrattisti di Piazza Navona, a Roma! Io me li ricordo !”
“Nuda ?! Veramente ? “
“Nuda. Allora te la senti ?”
“Sì …”
“Un bel cartoncino 50x70! Lo voglio avana chiaro …”
“Va bene. Domani lo compro.”
“Ora torniamo a casa. Se loro non ci sono ancora ti faccio vedere e toccare il mio corpo. Poi più niente fino alla fine del ritratto.”
Lo baciai più volte sulle guance, ormai era pace fatta; gli diedi pure un lungo bacio sulle labbra per abituarlo alla mia saliva; in futuro chissà … pensavo. Qualcuno avrebbe potuto vederci. Comunque suonò il cell. Era nostra madre. Diceva che stasera forse avrebbe dormito dalla nonna, - ottimamente allora!- pensai. Nostro padre era di servizio a Brindisi, per cui eravamo soli e liberi. Tornammo a casa. In ascensore lo baciai di nuovo e lo leccai pure dentro l’orecchio. Entrammo. Chiusi la porta a chiave dietro di noi. E me lo portai in camera mia facendolo sedere sul mio letto. Frugai di lato sotto il materasso e ne estrassi un mio giocattolino. Gli mostrai il fallo di lattice che mi avevano comprato gli amici. Glielo misi in mano perché ne saggiasse la durezza con le sue manine da ex segaiolo. Seppe solo dire:
“Cazzobestia! E quello ? Come l’hai avuto ? Sei diventata cosa …?”
“Non è affar tuo !...comunque da qualche tempo mi trastullo anche con questo!”
“Ma …”
“Ma ?”
“Ehi ! Mamma e papà lo sanno ?”
“Credo di no! E poi lo tengo sempre ben nascosto!”
“E dove ?”
“… basta domande !”
“Vuoi vedermi da vicino mentre mi masturbo con questo ?”
“Va bene ! Ci sto ! Quando ?”
“Ora, ora !”
A mio fratello non lo dissi mai, ma il fallo nodoso di lattice lo tenevo sempre tra il letto e il materasso quando ero in casa. E usavo anche portarmelo dietro. Tanto a differenza di Carlo io il letto me lo sono sempre fatto da sola; evitando così le incursioni-ispezioni di nostra madre. Di fatto si fidavano di me. Di lui non so; ma gli era andata comunque bene fino a quel momento. E lasciando quei disegni dentro il porno sotto la lavatrice aveva corso un bel rischio; o forse no. Credo che i nostri genitori quei porno glieli considerassero normali e lui ufficialmente, per la cronaca, non mi molestava mica. Fratello curioso, ma non cattivo, escludendo la narcosi. Ma sì nessuno ci diede peso anche se nel mio caso galeotta fu la curiosità tutta femminile nonché la noia. Io intanto mi ero spogliata davanti a lui . Ero nuda. Il mio snello corpo a mezzo metro dalle sue mani, dal suo naso, dal suo pisello. Non osava toccarmi, per paura di altri schiaffoni forse, e secondo me avrebbe voluto toccarmi eccome. Era solo due anni più piccolo di me. Accennò n succhio di capezzolo al mio seno acerbetto. Lo lasciai fare un minutino poi lo staccai io stessa. Mi serviva spazio fisico. Un misto di timore reverenziale forse lo indusse a non contrariarmi; Quel demone maligno che aveva migrato qualche giorno prima da quei fogli fin dentro di me non ne voleva sapere di abbandonarmi. Mi sentivo una troia. Si l’unica troietta del mondo capace di salare al punto giusto un pasto insipido. Gli dissi:
“Guardami! Dai !”
Mi feci vedere da lui mentre mi introducevo dentro la vagina il fallo. Lo facevo lentamente e lui poteva vedere come cedeva la mia vagina a quel giocattolo. Ovviamente mi bagnavo.
“… ahnnn …. ahnnn … pensa … la prima volta … ahnnn … ci andai fino a scuola con dentro questo coso … ehiiiiii non è male, no ! … beh … andai al bagno e me lo tolsi prima … ahnnn … di entrare in classe … ahnnnn … mi tolsi le mutandine che erano … ahnnn sìììì … zuppe e rimasi con la sola gonna … i miei … ahnnn … compagni non sospettarono nulla … ahnnnn … che bello !”
“Hai avuto l’orgasmo per strada ?”
“… ahnnn … ahnnn … ho sbrodolato di brutto senza … ahnnn … accorgermene ! Giuro.”
Tolsi il dildo, dopo cinque minuti di avanti e indietro respirando davanti a lui gli feci annusare i miei umori intimi pescati dalla penetrazione. Lo leccò per assaggiarli. Allora mi voleva ! Gli dissi:
“Assaggiali alla fonte! Direttamente! Lecca se vuoi!”
Avvicinai delicatamente la sua testa alla passera perché potesse mettervi la lingua. Infatti prese a leccarmela. Sembrava gradirla. Continuava a cazzeggiare con la lingua come poteva; mi cercava il pertugio ed io lo guidavo con carezze ai capelli. Gli chiesi di essere leccata anche ai lati delle grandi labbra e mi accontentò. Io lo gradivo molto quel lecchino. Provai nel frattempo ad introdurmi nel culo un pochino il fallo di lattice. Cercavo di penetrarmi da sola un poco per allargarlo. Poi non ce la fece più a leccarmi davanti. Doveva respirare. La sua faccia era bagnata dei miei umori vaginali caldi. Stavo per sbrodolare. Saltai sul letto dopo averne scostato un po’ lui. Mi misi alla pecorina perché mi ammirasse ano e natiche en plen air.. Eh sì ! Lo avevo eccitato ! Lo avevo fatto apposta. Mi afferrò i fianchi e poi le natiche quindi dopo avermele allargate diede dei famelici colpi di lingua tra fica che ormai colava, inguine ed ano sul quale si soffermò a spennellare dei bei minuti. Un bell’imprudente non c’era che dire ! Era lì che mi desiderava di più. Godevo di quella lingua. Previdentemente mi ero lavata bene ed andavo di corpo tutte le mattine. Non c’era pericolo che leccasse merda. Mi inculò col cazzo che nel frattempo si era tirato fuori indurito, deciso, senza lubrificarmi oltre. Era talmente arrapato che contai solo sei colpi. Venne e mi fece un bianco denso clistere che sentivo in ogni parete del retto. Complessivamente tiepido ma soprattutto pieno, pieno, pieno. Poi suonò il citofono! Ne avemmo entrambi un soprassalto. Non ce l’aspettavamo. Andai a rispondere io mentre lui si rimetteva il cazzo nei pantaloni. I nostri vecchi ci avevano ripensato ed erano tornati all’improvviso: avevamo sì e no una quarantina di secondi. Gli dissi:
“Vai all’ultimo piano a piedi !...io apro e mi chiudo in bagno ! Svelto.”
Lui si era calato solo i pantaloni. Doveva solo rialzarseli col cazzo da far tornare nelle mutande. Uscì furtivo e si diresse due piani sopra di corsa. Io restai, nascosi il fallo, ed andai ad aprire, quindi corsi in bagno a lavarmi ed a rivestirmi. I nostri vecchi tornarono a casa e mio fratello cessato il pericolo uscì in strada e dopo un’ora di cazzeggio tornò anche lui. La serata trascorse e quella breve appassionata sodomia la dimenticammo entrambi per un buon mese presi da altri problemi. In quel mese mi guardava e mi rispettava. Non volevamo che i nostri genitori sospettassero. Poi bisognava pensare al ritratto che mi aveva promesso, e soprattutto trovare un posto dove farmelo. La scelta cadde sulla vecchia scuola media abbandonata al paese d’origine di nostra madre. Non ci andava nessuno. Probabilmente prima o poi qualche famiglia di sfollati l’avrebbe occupata per abitarvi abusivamente. Lì tra gessetti e vecchi registri abbandonati mi spogliavo completamente nuda, mi stendevo su una cattedra, e mi facevo ritrarre qualche ora. Due, tre volte la settimana ci andavamo. Ci vollero una ventina di visite, furtive, galeotte, trasgressive, mai monotone. Dopo la seduta di disegno, un’ora alla volta, ci fumavamo una sigaretta lontano dai nostri genitori che non volevano che fumassimo. Il pericolo che ci scoprissero era reale, e la cosa forse ci dava pure una scossetta non da poco. Carlo ormai si sentiva padrone: aveva preso l’abitudine di lasciare lì nel cassetto della cattedra della classe ex 3° F il pacchetto di sigarette. Il ritratto in fieri tipo Paolina Borghese nell’armadietto dell’ex presidenza. Si sentiva particolarmente uomo ad occuparsi del mio ritratto nuda. L’aveva presa seriamente mio fratello quella cosa. Mi rispettava, e non mi molestava mai, nonostante la sua prima felice sodomia. Ero felice anch’io, eccitata e contenta. Forse era l’ultima seduta; o meglio l’ultima gita nella scuola. Il ritratto era quasi pronto. Comunque era già una bella trasgressione scegliere una scuola media abbandonata. C’era anche la luce elettrica, ma cercavamo di venire di luce di pomeriggio per non accenderla. Spenta la sigaretta mi ero rivestita. Anche lui stava dando gli ultimi ritocchi col carboncino. Gli chiesi:
“Allora ?”- Finora avevo promesso a mio fratello che non l’avrei guardato prima della fine.
“… è finito ! “
“Come?”
“Finito … guarda!”
“Ehi!...”
Rimasi sbigottita, ammirata, meravigliata, dalla sua abilità.
”Ti piace ?”
“Volevo un bel ritratto … e questo lo è …!”
“Allora ti piace?”
“Sì sei bravo ! Bravo, veramente bravo ! Mi hai fatto proprio bella …”
“Sei bella Daria. Sei bella …”
“Sei stato abilissimo; resto ammirata … stupefatta ! …”
“Grazie, ma ora c’è il conto !”
Si era calati i pantaloni ed aveva già un bozzo sugli slip. La sua promessa di non toccarmi non valeva più. Il ritratto finito e consegnato.
“Ti devo qualcosa ?”- Dissi fingendo di non capire.
“Sì, un bella scopata, proprio qui ! … a scuola ! Quest’idea della nostra vecchia scuola mi piace !” – Mi toccò la tetta stringendo. Era già eccitato.
“Ci abbiamo passato un anno tra questi banchi !”
Ricordava bene. Un anno, poi ci trasferimmo in città.
“… Dì ! … Vuoi finire quella vecchia scopata! Quella che abbiamo dovuto interrompere per il citofono!”
“Sì.”
“Ma va ?!...”- e lui deciso mi abbassò violentemente i pantaloni jeans; o meglio fui io a lasciarmeli abbassare. Finché c’era il ritratto non mi aveva mai forzata o molestata. Ora sfogava la sua fame repressa. Cedetti alla sua furia e gli dissi:
“Chiudi la porta ed abbassa la persiana qui !”
Si precipitò ad eseguire i miei ordini secchi. Ci tenemmo la luce al neon esponendoci all’eventuale curiosità dell’esterno. Subliminalmente mi dava certi pruriti l’idea che qualcuno potesse spiarci da fuori. Nessuno però ci disturbò. Mi distesi sul pavimento con i jeans a metà gambe e lasciai che mio fratello Carlo mi leccasse la passera pelosa arruffata insalivandola abbondantemente. La sua bocca restò un quarto d’ora buono insistendo sulla mia vulva, un tutt’uno con la sua bocca, ormai bagnata. In corpo mi scorreva l’adrenalina della cosa immorale con mio fratello, l’occupazione della scuola, la possibilità di attirare qualcuno. Non potevo continuare con quel cuore e batticuore a tamburo. Gli dissi di andar a spegnere quella maledetta luce; tanto nuda mi aveva vista un casino di volte; si era arrapato ! Mi liberai dei pantaloni togliendo le scarpe e lasciammo che la luce lunare e l’illuminazione comunale illuminassero debolmente i nostri corpi dalle finestre. Eravamo scoperti dall’ombelico in giù. Chi avesse guardato in quel momento mi avrebbe visto in giacca jeans e camicia sbottonati e ben aperti e sotto niente mutandine. Lui era sopra di me che dopo avermi sbottonata tutta la camicetta azzurra che indossavo cercò e catturò un mio capezzolo che si mise a succhiare famelico mordendolo con le labbra. Me l’aveva sbottonata tutta e tutta cominciò a leccarmi, a baciarmi a sfiorarmi l’altro seno e la pancia e poi giù di nuovo fino al monte di Venere, infine la lingua nello spacco a cercare i miei umori di femmina. Chissà quante volte l’avrebbe voluto fare mentre mi ritraeva ! Avrei pagato quel conto. Gli dissi:
“Stenditi ! Facciamo un 69 ! Sto di sopra io, e tu continua a leccarla che ci sai fare ! Mi piace come la lecchi. La lecchi bene !”
Spompinai il suo pisello ormai quasi del tutto turgido. Si trattava di farlo diventare duro. Me lo ingoiavo fino alle palle. Il suo glande toccava le mie tonsille. Sul palato sentivo pulsare la sua vena cava del pisello. Altro che pisello! Ormai era un palo! Colma d’amore carezzavo le sue palle mentre la cappella mi cresceva calda sulla lingua dentro la mia bocca calda e ora tiepida. La sua lingua arava la mia fica ormai zuppa. Alla presa in mano il cazzo era duro ! Era il momento ! Se non lo facevo entrare adesso, mai più ! Mi voltai verso di lui e mi auto impalai sul suo palo di carne e lo cavalcai di gran lena ingoiandolo con la passera. Mio fratello non poteva lamentarsi. Il suo cazzo caldo e duro trovò il sollievo della mia vagina bagnata che ogni momento sfregava del piacere del contatto. Le sue mani cercavano le mie piccole poppette dritte con i capezzoli intostati. Afferravano, stringevano ed io godevo, godevo di quella mazza di una ventina di cm dentro di me. Fra poco la mia fica sarebbe stata una pletora sussultante di caldi, salati, colanti umori. Di nuovo il mio demone ! Respiravo con veemenza; era il miglior regalo che potessi fargli. Mio fratello per quanto facessi non riusciva a venire, e forse neanche gli dispiaceva, tanto era calda la fica di sua sorella, ma non sarebbe durato a lungo se non si trovava una soluzione. L’erezione non è eterna. Mi chinai su di lui a leccare i suoi di capezzoli. Cercai la sua lingua con la mia, ed il cazzo gli tornò di nuovo ben duro, in un nuovo sussulto d’acciaio, dentro di me. Lo sentii ingrossarsi di nuovo tra le mie carni. Ci voltammo in coito avvinghiati e tornai di nuovo di sotto lasciando che mio fratello mi stantuffasse quanto voleva. Mi stava possedendo: ero sua. Venivo continuamente. Chissà quante volte gli avrò bagnato la cappella! Sentivo lo sciacquettìo e la correntina elettrica nel basso ventre. Eravamo caldi, felici, beati e stretti disposti a respirare in libertà. Dieci minuti di locomotiva di carne dentro di me, e venne senza nemmeno accorgersene. Si spurgò tutto nella mia vagina. Sentii lo sperma caldo scendere dentro le mie viscere, una vera invasione liquida di calore, e mio fratello dare fino all’ultima goccia di quel nettarino dolciastro con un ultimo colpo di reni. Niente preservativo. Tanto prendevo la pillola. Si addormentò e restammo abbracciati un’ora a scambiarci anche il calore e l’odore dei nostri corpi. Poi lo svegliai e gli dissi che dovevamo cercare dei bagni se c’erano ancora per ripulirci alla meglio. Li trovammo in uno stato deprimente, ma l’acqua usciva egualmente dai tubi. La usammo per lavarci alla meglio senza berla. Avevo anche preso la patente da poco. Eravamo venuti in macchina. Trovai naturale offrire un passaggio a mio fratello che ci era arrivato per conto suo. Restammo in silenzio finché eravamo dentro il paese. Poi usciti che fummo ci ritrovammo per una strada comunale deserta e poco illuminata. Prudentemente guidai piano anche perché una focus azzurra stava venendo verso di noi dalla direzione opposta. Ci superò e scomparve dietro di noi. Giurerei di aver notato delle macchine fotografiche dentro quella macchina. Pensai divertita che sarebbe stato carino auto filmarci o farci fotografare. Qualche km dopo mio fratello mi chiese:
“Daria, se non ti dispiace troppo, io mi farei volentieri un’altra chiavata ! Mi sento le palle in tiro che è un piacere … non mi dire di no ! … ti prego Daria ! Ora che sei disponibile … insomma … sarebbe un peccato lasciar perdere …”
“Ah sì? … io personalmente sono scarica ormai, con tutta quella sborra che mi hai sparato dentro. E comunque dovremmo smetterla ! Non trovi ?... ”- Il mio riferimento alla sua sborra fu controproducente: lo ri eccitai di nuovo. Mi toccava le poppe durante la guida.
“… mi piacerebbe magari … incularti di nuovo … torna indietro …”
“Che palle ! Veramente guarda ! Dai… uhnffff ! … va bene ! Smettila di toccarmi mentre guido !”
Non era Carlo. Era il mio demone non voleva battere in ritirata ! Carlo era solo il fortunato intermediario di carne. Era primavera inoltrata e non faceva tanto freddo. Una serata piacevole tutto sommato. Dissi a mio fratello di sì per l’ultima volta, come erroneamente credetti allora:
“Dietro quell’albero va bene ?”
“All’aperto ?”
“Sì tanto ormai è buio !”
“No, torniamo nella scuola abbandonata … la nostra scuola !”
In sette minuti stavamo di nuovo varcando i cancelli arrugginiti della scuola, furtivi come due contrabbandieri; anche le aiole erano incolte; Il sole ormai era tramontato dietro di noi con un rossore all’orizzonte che presto avrebbe ceduto all’oscurità più completa. Mio fratello Carlo aveva ragione. Tra quella puzza di chiuso, di gessetto, tra quegli inutili banchetti di fòrmica e l'ardesia sbiadita delle lavagne, con la vista delle carte geografiche al muro, di vecchi cartelloni-ricerca dai colori sbiaditi, delle lavagne pulite alla meglio e delle scritte degli studenti più o meno cretine (sia gli studenti, che le scritte) faceva un certo effetto fare del sesso. Ho pensato, poverino Carlo, … chissà quante volte avrà pensato di farlo con la professoressa Bonanno di geografia, una bella gnokketta mora di 32 anni all’epoca … io l’avrei data volentieri al professor De Montis di matematica; uno stupendo quarantenne sempre in giacca e cravatta. Poco più che dei flash. Certo erano desideri naturali. Ricordi legittimi, intangibili. Intimi. Io i miei, lui i suoi. Se volevano dire qualcosa quei ricordi, avremmo lasciato la parola ai nostri giovani sessi molto presto. Mi chiese in quale classe saremmo andati dato che nella 3°F ci eravamo appena stati. Scelsi la Prima B poiché in quella classe c’era stato un primino che una volta aveva, sovrappensiero, cercato di seguirmi fino al bagno. Si chiamava Marco, e si era innamorato di me; me ne accorsi e gli chiusi la porta dietro in tempo. Dopo quel giorno ogni volta che mi vedeva scappava via timidissimo. Un amore impossibile non ricambiato. Un tipo curioso: era convinto che mi chiamassi Loredana. Del resto io ero di terza … e non mi sono mai chiamata Loredana. Ci incamminammo piano, timorosi di fare rumore; la scuola non era certo in periferia. Entrammo nell’aula. Tutto sembrava come allora. Scelsi il secondo banco alla nostra destra dopo aver chiuso la porta della classe; la prima B dopo il corridoio d’ingresso. Era quello dove sedeva il timido Marco. Ci guidai mio fratello per mano introducendoci in classe. Nessuno avrebbe potuto vederci a quell’ora. Anche se l’idea che qualcuno ci vedesse mi dava piccole, piacevoli scariche adrenaliniche … ma ormai era sera.
“Ecco siamo arrivati pare! “- Mi guardai intorno poi, finalmente, mentre mi stava già toccando e strusciando gli diedi il via libera.
“Dai !...”
“Dai cosa …”
“Mi appoggio al banco; dai ! … è proprio una pecorina !...mi prendi, mi inculi … e poi a casa e basta così ok ?! … sono anche un po’ stanca … qui mi sento bene comunque … ”
“Ok.”
Ero contenta di quell’amarcord.
“Vuoi un pompino prima ?...sì che è meglio !... meglio duro se deve entrare nel culo ! Povero culino mio … tanto male farai a tua sorella …” – Glielo presi in bocca dopo avergli baciato la cappella in ginocchio. Mio fratello fece bene ad optare per il bocchino preliminare. Manco due minuti e si appoggiò lui con la schiena alla cattedra per godersi la mia saliva, la mia lingua e la splendida aria notturna che entrava dalla finestra. Il suo cazzo stava ritornando grosso e duro (nonché dal saporino aspro) tra le mie labbra avanti ed indietro.
“…gl…ooo…uh ! … mmm….glom!....uhmmmmmm”
Tentai un po’ di ingoiarlo; il suo cannolo di carne,- devo ammetterlo-, mi piaceva. La pelle della sua asta sembrava vellutata. La cappella dolcissima; e sentire le vene cave pulsare fra le mie labbra mi eccitava moltissimo. Quando lo giudicai abbastanza duro per sfondarmi, mi calai i pantaloni e le mutandine voltandomi, ed appoggiando le mie braccia alla formica del tavolino. Il mio culo era a sua disposizione. Cercò il mio ano con la cappella intostata dal pompino salivoso e dal contatto di sfregamento. Cominciava ad esplorarmi l’ano con il dito indice ma lo fermai per non perdere troppo tempo. Gli dissi:
“Non perdere tempo col dito ! Allargalo, prendi le chiappe ed entra ! Dai …!”
“… ma così ti faccio male !”
“Entra dai ! Perché io non ti feci male ? … dai che non mi fai vero male ! ”
“Sì ma … io …”
“Poche storie ! Inculami ! Ti andava no?!... dai che c’è umidità; qui dentro la sento … almeno mi scaldi …”
“Sì … Daria!”
Ero decisa a sopportare il dolore. Mi infiocinò in mezzo minuto di tentativi di spinta e struscìo della cappella dura e voluminosa; con tre colpi, con cui mi tolse il respiro, entrò tutto. Arrapato com’era … e sentii più di una fitta nell’ano barbaramente slargato e invaso. Solo dolore e poco piacere. Sentivo bruciore, batticuore ed esaltazione dentro di me. La mia mente era rassegnata. Sarebbero stati venti minuti di fastidio in cambio di un po’ di tempo di tregua per il futuro! Il mio bacino si coordinava con le sue spinte. Aspettavo la sua eiaculazione liberatoria. Ero una fresca ragazza, ma mi sentivo una puttana navigata. Godevo con la voce per continuare ad arraparlo. La sua presa era salda per cui sostenuta dal banchetto mi massaggiai la fica con la mano sinistra per trarre un po’ di piacere. La mia vulva sudata aveva emesso qualche umore caldo; mi era sceso sulla coscia sinistra e raffreddandosi all’aria che entrava dalle finestre mi solleticava la pelle. Anche il prurito ci si era messo … provai a grattarmela. Prudeva. Continuai col dito nella spacchetta. Che altro avrei dovuto fare ?… ci sarebbe voluto il cazzo che però era nel culo; il posto preferito di Carlo. Pensavo tra me che ci sarebbe voluto una sorta di tergi-vulva; assurdo ! Pensavo di parlare come i porno che leggeva lui; mi ero data da fare ed ero riuscita a farmi venire la fica, per cui mi bagnai la mano e gli dissi tra una sofferenza e l’altra di assaggiarla. I miei umori di miele ora salato (me li ero assaggiati anch’io), e ora amarognolo sulla sua lingua, risvegliarono i suoi già bestiali istinti. Aumentò la velocità squassando il mio sfintere ormai sconfitto. Urlai un paio di volte di dolore.
“Ahi che male ! … ahi … ahi ! … Ahhiiiiiiiiiii … “
“uh!...Bella fica!...uh!...uh!...uh! Ti scopo il culo Daria mia!”
“Sì sono tua … ahi … ahi … ahi …!”
“Daria sei tutta mia !”
”Sborra dai! Cazzone mio ! … Ahi… Sborra che mi fai … ahi … sbrodolare dal culo!”
Ci vollero otto lunghi minuti perché le sue palle mi sparassero dentro il mio povero retto quanto dovuto. Il gettito non fu gran cosa considerando l’eiaculazione veramente piena di mezz’ora prima. Era come se me la sentissi ancora dentro quella. Carlo ebbe la sua soddisfazione e si distaccò. Decisi che mi sarei ripulita a casa; non mi andava di riandare in quei vecchi bagni, come suppongo anche lui del resto. Raggiungemmo la vettura e tornammo. Il demone dell’incesto era in quei disegni che avevo scoperto per caso. 1000 giornali porno non avrebbero fatto un bel niente. Il demone non era nelle abili dita di mio fratello; era in me ragazza, femmina e donna. Vi si era trasferito al primo sguardo su quei tratti di matita. Un istante in cui mi sono riconosciuta in quelle ombre di polvere di grafite. Il demone reclamava di possedermi, ed a mia volta sentendomi cercata dal demone, non potevo che farmi possedere dall’autore di quei peccati di carta. Il sesso tra noi due scattava solo nel vederli. In circostanze normali il richiamo del sesso non era immediato. Giorni dopo glieli avevo restituiti quei fogli. Trovavo esaltante fargli realizzare materialmente quanto da lui immaginato col suo Simbolico. Il mio corpo piacevolmente Reale veniva ad essere il suo Immaginario nel momento del desiderio realizzato. Con Freud non faceva una grinza … Col tempo gli chiesi di realizzare versioni colorate del mio corpo. Un paio anche ispirate al surrealismo; erano i miei seni acerbi ad ispirarlo. Un nuovo gioco si appropriò di noi: mentre lui mi disegnava io lo toccavo senza che lui potesse farlo; una volta lo feci godere copioso per avergli fatto con dolcezza una piccola banale pippa mentre mi colorava. Aggiunsi il suo sperma al colore usato per il mio corpo; poi quando io studiavo i suoi disegni finiti mi facevo tenere e frugare la fica da lui, libero dalle matite … Solo ammirando la sua opera compiuta gli consentivo a mò di ricompensa, una volta al mese capitava, di frugarmi tra le cosce, stringermi le tette, massaggiarmi l’ano col dito e talvolta con due … fino alla scopata finale. Anche lui usò un po’ dei nostri reciproci umori come aggiunta al colore. Così, ecco che eravamo finiti a far parte di quei disegni, uno schizzo della nostra anima trasgressiva. Poi finita la scopata tornavamo a ri nasconderli per condurre una vita il più possibile normale. Gestivamo la cosa con reciproca complicità. Ci intendevamo allo sguardo. Cercavamo di scoparci il meno possibile, anche se ci piacciamo molto durante i nostri attacchi di porcaggine, e solo durante quelli. Per il suo compleanno che l’avrebbe fatto entrare nei famosi 21 anni gli regalai una scopata anale, la sua preferita, nel posto che avrebbe scelto lui. La scelta cadde nella Presidenza della nostra vecchia scuola del peccato … Mi sgomberai bene l’intestino il giorno prima della scopata; entrammo per sicurezza verso le 15 quando la gente è ancora tavola. Raggiungemmo la Presidenza dove ancora campeggiava in alto la foto di un notissimo Presidente del passato con la mano sul mento e lo sguardo rivolto al futuro; un vero ayatollah … ih ... ih … chiusa la porta, mi feci spogliare. Mio fratello Carlo iniziò subito con un assalto ai miei capezzoli con le labbra, e contemporaneamente mi toccò la vulva per sentirla bagnarsi. Io da parte mia gli cercai il cazzo con la mia manina per farglielo crescere; dopo cinque minuti di succhi e baci mi sedetti sul letto, e gli dissi di sbattere il suo pisello sulle mie tette. Mi carezzavo i seni con la sua cappella calda. La durezza del suo pisello cresceva ad ogni carezza. Quando valutai di avere abbastanza saliva mi inginocchiai all’improvviso e glielo presi in bocca per il bocchino. Gliela umettai tutta quella cappella ed avevo pure imparato ad ingoiare il cazzo. Il mio pompino fu pronto e gentile; talmente tanto leggero e delicato che quando gli tirai fuori il cazzo dalla mia bocca per prenderlo duro in mano successe una cosa: un’altra carezza al mio seno caldo e non appena richiusi la bocca sul suo cazzone diedi un bel colpo di lingua alla sua uretra; bastò quel gesto e nel volgere di mezzo secondo mi ritrovai sparata sul palato una massa calda, liquida, cremosa. Non era proprio dolce; anzi aveva un retrogusto abbastanza amaro. Mi scese in gola irritandomela; avrei voluto sputarlo; ma se l’avessi fatto sarebbe stato peggio. Decisi di fare il contrario e ne succhiai più che potevo, stimolandolo ancora con la lingua. Se gli avessi tolto il cazzo dalla mia bocca in quel momento mi avrebbe odiato. No. La sua amorevole sorella se lo beveva tutto invece. Mi eiaculò in bocca felice e tremante. Una decina di impulsi per darmi anche l’ultima goccia. Gli sentii sudare le palle e l’inguine. Non se l’aspettava nemmeno lui. Avevo fatto provare nuove sensazioni a lui ed al suo glande. Nondimeno, ero certa che quella appena ingoiata era l’unica quantità realmente elevata di sperma disponibile per quella giornata. Le altre sarebbero state minori. Mio fratello poté venirmi in bocca; avevo svuotato devota le sue palle. Improvvisamente si udirono dei rumori provenienti da sopra. Dunque non eravamo soli ! Voci e passi. Ecco l’adrenalina ! Cuore a turbo mille! Restammo in attesa, eravamo nudi e tesi; e se era la polizia? E se avesse fatto dei controlli ? Eravamo tesissimi. Coscienti ed in stato di sospensione! Ero curiosissima; quindi presi una decisione e lo dissi sussurrando a mio fratello.
“Viene da sopra … ehi, … adesso esco in punta di piedi e vado a vedere; se è la polizia griderò: “Uh e voi chi siete ?”- Se senti dire così vai via, cerca di sgusciare col buio del corridoio e una volta fuori non pensare a me scappa e basta!… ok ?”
“… ma …”
“Se è la polizia ti, … ci mettono dentro. L’incesto è reato ! Non devono vederci assieme.”
“Capito ?”
“Sì …”
Presi il coraggio, afferrai il telefonino per non farlo trovare in caso di fuga, ed indossando t- shirt e le mutandine uscii dall’aula della Presidenza e mi diressi piano piano a piedi nudi verso le scale al buio pomeridiano. Quante volte le avevo percorse con la tensione dell’interrogazione, dei compiti non sempre fatti, dell’incontro con l’amore del momento … Le feci lentamente a passo felpato. Il mio cuore batteva e batteva; avrebbe smosso un aereo da caccia. Tanto andava veloce! La mia mente contò dieci passi, durarono un’eternità … vedo una porta accostata, un po’ di luce diurna e mi avvicino leggera come una ninfetta fantasmina … cercai di guardare dalla porta socchiusa. Ecco. Nooooo?! Incredibile. La mia mente ci mise dei secondi a capire ! Pochi secondi che la mia mente sgomenta aveva vissuto come un vuoto di minuti...e indovinate un po’?...Proprio quella ?! … Cazzo, pare di sì ! … Hai visto che scherzi combina il destino ?... Altro che la polizia e i controlli ! … proprio quella ! … la Bonanno in guepière con 20 anni di più, e dei cuscini non da poco alle cosce, che si fa sbattere da … ancora adrenalina ! Eh bravo ! Eh sì … Certo che ha un bel taglio di capelli, devo ammetterlo. Ancora una bella donna. Silenziai il cellulare e selezionai le foto. Pronta allo scatto. Fatto! Li osservai un paio di minuti, poi tornai giù per non allarmare mio fratello Carlo. Quando riapparvi ridendo Carlo pensò di rimettersi le mutande, mentre si re infilava la maglietta tolsi allora gli slip a mio fratello, e gli feci un’insalivatura al glande per ripulirlo dallo sperma rimasto, poi messa un po’ di minerale che avevo nella borsetta in un bicchiere di plastica, gli lavai amorevolmente il pisello. Poi gli dissi sussurrando:
“Andiamo di sopra che te li mostro … piano però!”
“… c’è pericolo ?”
“No, figurati! Massimo silenzio. Muoviamoci leggerissimo, … capito ?!”
Lo guidai silenziosamente a spiare i due intrusi. Scopavano di brutto. Sulla ventina e più lui. Una quasi cinquantina ben portati la Bonanno. Mio fratello non poteva credere ai suoi occhi. L’insegnante dei suoi sogni che chiavava come la più agile delle puledre sotto monta. Gli proposi di continuare a spiarli per goderci quel porno estemporaneo in offerta speciale. Mentre si godeva le conturbanti scene da dietro la porta socchiusa in quello stesso corridoio che aveva ospitato tante nostre ricreazioni iniziai a tiragli fuori di nuovo il pisello dalle mutande per smanettarglielo. Era già abbastanza duro. Con quelle garbate attenzioni sarebbe stato presto pronto per un’altra sparata di sperma. A tempi andati avevo sentito dire a diversi suoi compagni che la Bonanno gli piaceva. Chiaramente se ne era innamorato a quell’epoca. Normalissimo: era una gran bella fica, mora. Poppe tonde, forme sode ed evidenti. Corpo piacevolissimo al colore con l’abbronzatura integrale; capelli di un bel castano che usava portare ondulati e volumati. Seducentissima con le calze e la guepière nerissime.. Era alta circa un metro e sessantacinque. Una statura nella media per una bella femmina mediterranea. A chi non si sarebbe drizzato con una donna simile ! Ora però aveva una cinquantina d’anni. Ancora bella asciutta, ma non soda. No di certo. Niente rughe o borse sul viso piacente con dei magnifici occhi neri. Io fui colpita dal suo pube castano. Quella donna il mito della depilazione non lo coltivava. Non crediate però che non se la curasse. Falso. Molto ben curata. Quei peli del pube di quella professoressa erano della lunghezza giusta. Una vera fica come quella che immaginano i segaioli disegnandole la prima volta, o cercando di spiarla sotto la doccia. Una moquette, non una foresta. La osservavamo in luce interna; quella fioca e verdina dei neon ingialliti di quelle vecchie ed umide aule; fuori era ormai quasi il crepuscolo. Le mie riflessioni dovette farle anche mio fratello. Me ne accorsi dai colpi di lingua sulla mia nuca. Continuavamo ad osservare quel giovane ormai bianco e nudo che sfogava la sua mascolinità sessuale sul ventre della Bonanno. Improvvisamente credemmo di venire scoperti a spiare ! Il giovane, infoiato, aveva afferrato i fianchi della donna sollevandola dal banco dove si era stesa; Lei si lasciò voltare ,e lui si mise subito a cercarle la vagina da dietro, non senza averla ben leccata adesso che doveva essere zuppa. La Bonanno fu pronta ad inarcare il bacino verso il suo giovane convinto amante. Dopo che la sentì venire con un rantolo intenso e breve le tolse il suo membro, e glielo re-infilò subito dopo deciso nel culo deflorandole, così sembrava, l’ano senza troppe cerimonie. Entrò liscio: non era la prima volta che quella donna si faceva inculare. Vidi il volto di lei. Sembrava godere, per quanto non potesse nascondere un’espressione di momentanea sofferenza. L’aveva proprio inculata bene. In pochi minuti, ispirato da quelle magnifiche carnalissime scene, anche mio fratello Carlo tornò a cercare tra le mie natiche l’apertura migliore per incularmi; stavolta però dovevamo farlo un po’ soffocato o quei due ci avrebbero individuato. Di rumore ne facevano abbastanza loro e coprivano noi che tutto sommato eravamo a quattro metri fuori a vedere la loro scopata stimolando la nostra. Non temevamo niente e nessuno. Capì anche lui la situazione vedendo le foto di quando i due scoperti da me erano ancora vestiti. Eravamo di nuovo nudi in uno spazio piccolo nostro e di nuovo quasi niente addosso. Ci amavamo sorella maggiore e fratello minore nel più osceno dei peccati, idealmente esposti a tutti i fantasmi che nel nostro passato avevano varcato quel corridoio. Il fatto di essere entrambi maggiorenni da tempo ci dava una certa sicurezza. Il luogo era quello del sesso desiderato con i nostri miti durante la pubertà e questo ci stimolava ancora di più. Misi il mio roseo buchino già lubrificato di prima mattina a sua disposizione. I rumori del treno delle ferrovie del sud est coprivano bene i nostri respiri. La sua lingua sempre di casa, famelica, nel mio ano. Ogni tanto mi voltavo e gli chiedevo a gesti di leccarmi anche la vulva, così godevo, lo schizzavo un po’, e riposavo un po’ il mio povero didietro. In quello era maestro anche se non si era minimamente accorto che me l’ero depilata per lui. Mi si bagnava in due minuti, copiosamente. Per qualche motivo la lingua di mio fratello che mi frugava la vagina mi rendeva preorgasmica, precoce a venire. Dopo una chiavatina precaria ed incompleta in passera, rivedendo per qualche istante il mio, ed ora suo amato ano me lo rimise al culo nel buio corridoio; dovetti fare più di uno sforzo per non urlare e tradire la nostra spiata. Ci sborrò, e soprattutto ci restò dentro il mio culo. Aveva piacere a prendere, possedere, e tenere a lungo sua sorella maggiore. Gli chiesi sussurrando quando la Bonanno ed il suo amante si stavano rivestendo se avesse gradito trombarsi la sua professoressa vent’anni dopo. Lui disse di sì, e non ci pensai due volte. Decisi di bussare garbatamente facendo ovviamente prendere loro uno spavento. La povera prof rispose:
“… chi è là ? Sei tu Attilio ? Dove sei ? Aspetta che la mamma arriva … signorina ! … Signorina ! Le avevo detto …”
Comparvi facendo capolino dalla porta colma di sorrisi.
Questa neo amazzone del sesso si era letteralmente pietrificata al mio comparire. Cercai di tranquillizzarla.
“… e voi chi siete ?!...”

“Non temete ! Due amanti! … come voi !” - Le dissi io sorridente, nuda di seno con le mutandine appena reindossate per ragioni di dignità. Non sono mica una lesbica. Oh e poi basta! Per ora!

Aspettate la seconda parte! Un po’ di pazienza, e vi dirò come andò a finire la cosa...

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